Il 25 marzo 1569 fu posta la prima pietra del nuovo tempio che, secondo quanto voluto da Papa Pio V, sarebbe sorto intorno alla Porziuncola per custodirla e per accogliere più adeguatamente la sempre più numerosa massa di pellegrini. Ad occuparsi della progettazione della nuova chiesa venne chiamato l'architetto perugino Galeazzo Alessi, che consegnò il modello definitivo nel 1658. La fabbrica procedette con lentezza per le molte difficoltà finanziarie e tecniche, così la Basilica venne ultimata solo 110 anni dopo l'inizio dei lavori.
Nella Sala E troviamo riproduzioni di testimonianze grafiche sullo sviluppo della Basilica, paramenti e argenteria.
La seconda parte della sala è dedicata invece all'iconografia relativa a Francesco e ai santi dell'Ordine. Vi si trova l'ottocentesco San Francesco in terracotta (che, fino agli inizi del secolo scorso, era posto sul tetto della Porziuncola). A Francesco Providoni si deve la realizzazione della grande tela con San Giovanni da Capestrano e San Pasquale Baylon, dipinta nel 1692 in occasione della canonizzazione dei due santi, mentre alla mano di Cesare Sermei e della sua bottega sono riconducibili i due quadri aventi come soggetto San Francesco e Santa Chiara.
Testimonianza interessante della storia francescana è l'Arbor Seraphica, incisione colorata a mano su carta raffigurante l'albero genealogico dei santi dell'Ordine dei Frati Minori: realizzata attorno al 1653-1659, essa è opera di Faber Gabriele della Scuola di Avignone.
Sottratto di recente all'oblio è, infine, il grande dipinto raffigurante San Francesco tra le sante Chiara ed Elisabetta d'Ungheria che evidenzia il tema della santità francescana femminile fiorita intorno a Francesco nei due fondamentali aspetti della vita contemplativa (Chiara) e della vita secolare (Elisabetta d'Ungheria).
Qualche dettaglio in più:
- San Francesco (1828, Giovanni Battista Ballanti Graziani)
Terracotta dipinta
La statua di San Francesco, in origine a figura intera, venne realizzata dallo scultore faentino Giovanni Battista Ballanti Graziani nel 1828 per essere collocata, come testimoniano le foto d’epoca, sulla cuspide del tetto della Porziuncola dal lato dell’abside, al di sopra della crocefissione del Perugino. La terracotta si trovava ancora in quel sito nel 1925, quando venne ritratta in un disegno di Cesare Bazzani. Attualmente l’opera è custodita presso la sala E del Museo.
- San Francesco, Santa Chiara e Sant’Elisabetta d’Ungheria (XVII secolo, Pittore ignoto)
Olio su tela (216 cm x 170 cm)
L’opera secentesca mostra al centro San Francesco d’Assisi e ai lati le figure di Santa Chiara e di Sant’Elisabetta d’Ungheria. Queste ultime suggeriscono il tema della santità femminile fiorita intorno al padre e fondatore della famiglia francescana nei due fondamentali aspetti della vita contemplativa (Chiara) e della vita secolare (Elisabetta). Chiara d’Assisi, che sorregge il giglio e il libro, è infatti fondatrice dell’Ordine delle Clarisse (Secondo Ordine Francescano), mentre Elisabetta d’Ungheria, con la corona di principessa e le rose (a ricordo rispettivamente delle sue origini regali e di un miracolo che vide i pani nascosti dalla Santa per donarli ai poveri trasformarsi in rose), è patrona del Terz’Ordine Francescano. Il dipinto è custodito nella sala E del Museo.
- San Francesco (1772, Pittore ignoto)
Olio su tela (140 cm x 55 cm)
La tela mostra un’intensa immagine di san Francesco che, come vuole l’iconografia tradizionale, regge tra le mani il libro e il Crocefisso.
Secondo lo schedario di padre Egidio Giusto l’opera fu eseguita nel 1772 per la Cappella del Transito. Essa venne realizzata con lo scopo di celare la statua del santo d’Assisi realizzata da Andrea della Robbia con la tecnica della terracotta invetriata e fatta coprire con uno strato di pittura proprio in quello stesso anno.
- San Pasquale Baylon e San Giovanni da Capestrano (1692, Francesco Providoni)
Olio su tela (284 cm x 206 cm)
La tela fu realizzata dal bolognese Francesco Providoni per l’altare di San Pasquale Baylon e San Giovanni da Capestrano, in origine situato nel transetto sinistro dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli e abbattuto nel 1984 quando venne ricavata la Cappella del Santissimo Sacramento.
La tela mostra i due santi in una composizione piuttosto affollata e divisa diagonalmente.
San Pasquale compare sulla destra in primo piano nell’atto di adorare l’ostensorio sorretto da un angelo e in secondo piano in alto inginocchiato di fronte alla Ss. Trinità e circondato da creature celesti.
Invece san Giovanni è raffigurato in primo piano sulla sinistra ed in secondo piano in basso nell’episodio della battaglia di Belgrado (quando i cristiani combatterono contro l’invasione dei turchi e l’anziano frate scese tra le prime linee per incitarle ad avere fede nel Nome di Gesù).
- Annunciazione (XVII –XVIII secolo, scuola di Carlo Maratta)
Olio su tela (102cm x 85 cm)
In primo piano compare la Vergine Maria intenta a leggere i testi Sacri. Oltre la tenda verde si vede arrivare dall’alto l’Angelo, pronto ad annunciare la nascita del Salvatore. Il dipinto è una replica di un quadro realizzato da Carlo Maratta e conservato a Roma in un deposito della Galleria Nazionale d’Arte Antica.
- Ostensorio (XVIII secolo)
Argento fuso cesellato, sbalzato e dorato con cristalli (64 cm)
L’ostensorio del settecento è sorretto da due angeli dorati ed arricchito di cristalli colorati.
- Santa Chiara (XVII secolo, attr. a Cesare Sermei)
Olio su tela (195 cm x 124 cm)
Ultimo restauro Coo. Be.C., 1999
Il dipinto è attribuito alla bottega del pittore umbro Cesare Sermei. Chiara indossa l’abito dell’ordine ed è raffigurata secondo l’iconografia tradizionale, ovvero incoronata da due angeli mentre sorregge l’ostensorio, il libro e il giglio. In basso è presente uno stemma gentilizio e il nome del committente “Sr. Barbera Maria”.
- San Diego (1611, Pietro Paolo Sensini)
Dipinto su tela (119 cm x 175 cm)
La tela proviene dalla cittadina umbra di Baschi (Tr) ed è dedicata a san Diego di Alcalà. Il santo spagnolo compare in primo piano, vestito con il saio francescano, lo sguardo rivolto verso l’alto, il crocifisso in una mano e un libro nell’altra.
Mentre, oltre la soglia della porta in cui si erge la sua figura, si apre un paesaggio nel quale è distinguibile il convento di Pantanelli, che ha commissionato l’opera.
Nello sfondo si scorgono due episodi legati alla vita del santo: a destra si può riconoscere il salvataggio di un fanciullo tirato fuori illeso da un forno, a sinistra viene raffigurato san Diego assieme ad un compagno che prega davanti al pane lasciato a terra da un angelo.
Infine, in basso, è ben visibile l’iscrizione “SANCTVS DIDACVS”. Attualmente l’opera è custodita nella sala E del Museo.