Voci di genti di lingue diverse...
Il papa, vedendolo allontanarsi, chiamandolo disse: “O semplicione dove vai? Quale prova porti tu di tale Indulgenza?”.
E il Beato Francesco rispose: “Per me è sufficiente la vostra parola. Se è opera di Dio, tocca a Lui renderla manifesta. Di tale Indulgenza non voglio altro istrumento, ma solo che la Vergine Maria sia la carta, Cristo sia il notaio e gli Angeli siano i testimoni”.
Dell’Indulgenza, nelle Vite di san Francesco più antiche e autorevoli, non si trovano esplicite testimonianze. Solo nella Vita seconda del Celano il mistero sembra infrangersi. Parlando ancora della Porziuncola, scelta da san Francesco come “particella del mondo per sé e per i suoi”, conclude: “Il Padre beato soleva dire essergli stato rivelato da Dio che la beata Vergine, tra le altre chiese costruite nel mondo in suo onore, quella prediligeva; e perciò il Santo l’amava più delle altre”. Proprio a questo punto, il Celano inserisce questa visione: “Un santo frate, prima della sua conversione, aveva avuto, a proposito di S. Maria degli Angeli, una visione degna di essere riferita. Stava osservando innumerevoli ciechi, che con gli occhi dolorosamente spenti e la faccia rivolta al cielo, erano inginocchiati attorno alla detta chiesa. Tutti, con voce di pianto e le mani protese in alto, gridavano a Dio, chiedendo luce e misericordia. Ed ecco, scese dal cielo uno splendore, che, irradiandosi su tutti, donò a ciascuno la luce e la salvezza desiderata”. È quasi impossibile - soprattutto se si considera la collocazione di questo racconto - non vedervi un’allusione assai trasparente all’Indulgenza.
Stando ai documenti ritrovati le primissime testimonianze scritte risalgono a sei decenni dopo quell’annuncio giunto fino a noi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Particolarmente preziosa, nel 1277, è la testimonianza di Pietro Zalfani, un nobile assisano, il quale dichiarò di aver assistito, nel 1216, alla consacrazione della Porziuncola e di aver udito da san Francesco la proclamazione dell’Indulgenza.
Non sappiamo quanto numeroso fosse l’uditorio che il 2 agosto 1216 ascoltò san Francesco promulgare l’Indulgenza, né possiamo dare sicura fiducia all’elenco, trasmesso da Michele Bernardi, di nobili di Assisi, di Perugia, di Foligno e di altri paesi vicini. Ma da un lavoro di Arnaldo Fortini, attraverso il quale si è risaliti ad una precisa identificazione storica di alcuni dei nobili elencati, si traggono elementi a favore dell’autenticità di quell’evento per quanto fosse rimasto inizialmente circoscritto.
Nel giro di un sessantennio dal 1216, la notizia della straordinaria concessione fatta a san Francesco, anche se divulgata con prudente cautela dopo il primo solenne annuncio, per non accrescere opposizioni e invidiose gelosie che subito si manifestarono, si diffuse a macchia d’olio, attirando alla Porziuncola folle sempre più numerose da regioni via via più lontane, e ben presto fu nota nel mondo come il “Perdono d’Assisi”. E tutto questo avvenne sotto gli occhi della Curia romana, che mai intervenne per arginare o sospendere questo afflusso crescente di fedeli verso Santa Maria degli Angeli.
L. Wadding attesta che il beato Francesco da Fabriano si recò alla Porziuncola, giovane novizio francescano, per lucrare l’Indulgenza nel 1268. Qui egli incontrò frate Leone, uno dei primi compagni di San Francesco, e ne lesse gli “scritti”.
Il 31 ottobre 1277, fra Benedetto d’Arezzo e fra Raniero di Mariano d’Arezzo attestarono di aver udito da fra Masseo, che aveva accompagnato a Perugia san Francesco, la narrazione della concessione dell’Indulgenza. Allo stesso racconto di fra Masseo si riferiscono le testimonianze che vengono attribuite a fra Oddone d’Acquasparta e a fra Marino d’Assisi, nipote di fra Masseo, che asserisce di aver udito dallo stesso zio le cose che attesta.
Il 19 agosto, probabilmente dello stesso 1277, frate Angelo raccolse la testimonianza di Giacomo Coppoli di Perugia, il quale disse di aver avuto da fra Leone la conferma della validità dell’Indulgenza, perché accreditata dal racconto di san Francesco stesso proprio a lui, frate Leone. A questi, il Santo avrebbe raccomandato di tener segreto il fatto fin verso la fine della sua vita. Un particolare, questo, che potrebbe spiegare la ragione del lungo silenzio letterario sull’Indulgenza.
Indipendente dalla raccolta di frate Angelo, ma attribuibile, pare, agli anni 1279-’80, è la Quaestio de Indulgentia Portiunculae di Pier Giovanni Olivi. Il celebre teologo che, intorno al 1279, si recò, forse ripetutamente, alla Porziuncola, sentì il bisogno di dare una giustificazione teologica al grande privilegio dell’Indulgenza, della quale mostra di conoscere i particolari storici.
Attesta, tra l’altro, l’impressionante afflusso di pellegrini all’Indulgenza e riferisce di aver sentito, da un uomo degno di fede, che questi aveva spesso sentito frate Egidio, compagno di san Francesco, narrare come il Santo invitasse frequentemente i primi compagni ad ascoltare ciò che egli sentiva, cioè “voci di genti di lingue diverse” dirette verso la Porziuncola; e che lo stesso frate Egidio era solito dire che se il mondo sapesse le grazie compiute in quel luogo, non soltanto dai luoghi vicini dovrebbero venire, ma anche dai confini della terra; e non solo i fedeli, ma gli stessi infedeli”. Parole misteriose, che sembrano confermare il “teneas secretum...” imposto a frate Leone. Questa prima serie di testimonianze sembrò momentaneamente tacitare l’opposizione, che ben presto riprese sempre accanita.
Fu allora che il vescovo di Assisi Teobaldo Pontani, quasi certamente il 10 agosto 1310, redasse il documento, oggi noto come “Diploma di Teobaldo”, del quale continuano ad affiorare da vari archivi d’Italia e d’Europa le varie copie spedite da Assisi con data aggiornata al momento della spedizione. Teobaldo, dopo aver narrato il fatto della concessione fatta a san Francesco da Onorio III, riportava, a conferma, i vari nomi di fra Marino, fra Leone, Benedetto d’Arezzo, Pietro Zalfani già da noi citati, dichiarando di avere scritto queste cose sia per illuminare gli ignoranti, sia “soprattutto per gli invidiosi e i detrattori, che in alcune parti si adoperano a distruggere e condannare quello che tutta l’Italia, la Francia, la Spagna e altre provincie […] quasi ogni giorno magnificano, glorificano e diffondono”.
E concludeva chiedendosi come si potesse infirmare “ciò che da tanto tempo dura, in tutta la sua forza e vigore, davanti a tutta la Curia romana”; infatti lo stesso Bonifacio VIII aveva inviato recentemente “a questa Indulgenza, rappresentanti ufficiali, perché la predicassero solennemente in suo nome, nel giorno del Perdono; e alcuni cardinali, venendo di persona a questa Indulgenza, nella speranza di conseguire il Perdono, con la loro presenza l’approvavano come vera e certa”. Già prima di Teobaldo, nel 1305, aveva espresso una testimonianza importante sull’Indulgenza il teologo Ubertino da Casale, che fin dal 2 agosto 1284, era venuto, proveniente da Greccio dove ne aveva avuta notizia da fra Giovanni da Parma, alla Porziuncola per lucrare l’Indulgenza, ricevendone una speciale illuminazione e stimolo a più intensa vita spirituale.
Quasi a suggello del perentorio documento teobaldino, il 24 luglio 1311, il beato Giovanni della Verna, confermava, in una deposizione fatta sul sacro monte dove abitava, tutte le attestazioni raccolte da frate Angelo da Perugia. Di lui, più volte confessore alla Porziuncola per la festa del “Perdono”, sappiamo dal Wadding (dai suoi Annales) che, forse nel 1309, aveva incontrato a Santa Maria degli Angeli, un penitente quasi centenario, dal quale aveva saputo che san Francesco, ospite spesso in casa sua, era stato accolto da suo padre anche quando andava a Perugia per domandare l’Indulgenza al papa; e, proprio per questo, fin da giovane, non era mai mancato alla celebrazione del 2 agosto alla Porziuncola. Le numerose testimonianze raccolte sull’autenticità dell’Indulgenza della Porziuncola avrebbero dovuto chiudere definitivamente, in modo positivo, ogni discussione e dissolvere ogni dubbio.
Anche il beato Francesco da Pesaro, guarito da una grave malattia, nella prima metà del 1300si recò in pellegrinaggio ad Assisi per lucrare l’Indulgenza della Porziuncola e ringraziare il Signore.
La soluzione evidente e sicura è quella che il papa Martino IV espresse a fra Matteo d’Acquasparta: “[...] non è verosimile che un sì gran Santo facesse e predicasse qualcosa pubblicamente nella Chiesa di Dio senza avere un sicuro e stabile fondamento”. A questo criterio si è attenuta la Chiesa, che, lungo i secoli, ha ampliato il “Perdono d’Assisi”, estendendolo prima a tutte le chiese francescane (papa Gregorio XV, 1622), poi a tutte le cattedrali, poi, a meno che esista vicino una chiesa francescana, a tutte le chiese parrocchiali. In virtù del Breve Pontificio “Constat Apprime” di Benedetto XV del 16 aprile 1921 l’Indulgenza si può lucrare alla Porziuncola tutti i giorni dell’anno. Francesco aveva ottenuto dal papa un’Indulgenza plenaria, per il 2 agosto, perché ne fossero personalmente rinnovate le anime dei devoti visitatori della Porziuncola.